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Testi critici e pubblicazioni

Serena Baccaglini
Andrea Terenziani e la bellezza dell'indeterminato
Dal libro Andrea Terenziani, edizione 2022, Silvana Editoriale

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Astrazione e realismo sono due termini che nella storia dell’arte appaiono antitetici secondo una convinzione diffusa: tra il visibile che percepiamo e l’invisibile che va oltre la nostra vista e quindi sembra esprimere l’interiorità dell’artista, pare esserci una netta differenza.

“L’arte non ripete le cose visibili, ma rende visibile”, afferma Paul Klee, e quindi l’artista sia che si esprima in modo figurativo che in modo astratto interpreta la realtà non imitandola, ma dando una sua interpretazione.
L’astrattismo è un movimento di grande interesse che affonda le sue radici all’inizio del Novecento con stimoli diversi che condurranno le successive avanguardie verso un’indipendenza sempre più consapevole del segno pittorico, verso un’elaborazione geometrica dell’opera. Kandinskij è considerato uno dei grandi artisti che, in modo diverso da Picasso, arriverà all’astrazione tramite la spiritualità di forme libere.

E così i movimenti del primo cinquantennio del Novecento ci mostrano una sfida continua, se pur interrotta da ripensamenti, verso una sintesi del segno sempre più audace, sempre più provocatoria, volta a testare il limite minimo verso cui l’arte si possa spingere, sino all’astrazione in America, che aprirà poi il capitolo del Postmodernismo.

L’opera dunque non si occupa più di rappresentare la realtà ma raggiunge l’obiettivo di essere realtà. Questo conduce progressivamente a una sovrapposizione tra arte e vita che tende a dissolvere i confini tra le due e a confonderle in un reciproco scambio.

Il nuovo approccio alla realtà diviene l’astratto-concreto: creare un’arte che divenga astrazione dalla realtà ma nello stesso tempo concretezza, capace di esprimere l’animo dell’autore. La natura, il paesaggio costituiscono il dato di partenza per l’elaborazione del quadro, un dato che nonostante sia soggetto a una progressiva astrazione, non perde completamente la sua riconoscibilità, innescando nell’opera un’ambivalenza tra forma e contenuto, realtà oggettiva e realtà soggettiva in continua relazione.

L’artista Andrea Terenziani nella sua pittura estemporanea, nella sua gestualità emotiva e libera, nel profondo coinvolgimento con la materia, sembra ricordarci tutto questo. Possiamo dire che la sua arte evidenzia “la bellezza dell’indeterminato”, come direbbe Calvino.

Osservando le sue città non possiamo non notare come la sua pittura utilizzi la geometria e l’astrazione con grande libertà della forma, ma queste non perdono la loro riconoscibilità, e l’uso particolare del colore, che spesso appare a macchie, crea una visione suggestiva che “apre all’invisibile” allontanandoci dalla loro realtà storica. Non c’è quindi il desiderio di riprodurle ma di penetrare la loro essenza.

Nei titoli dati alle opere spesso si coglie l’emozione che l’artista vuole comunicarci quasi a dirci che per avere godimento estetico da queste immagini di città dobbiamo astrarci dalla loro storica realtà e liberarci dalle forme reali, esteriori. Il fascino dell’arte astratta sta proprio nel catturare l’essenza quindi nello scoprire la creatività dell’artista e il suo mondo interiore.

Melodie dell’anima del 2012, Miraggio del 2012, Infinito silenzio del 2013 sono opere di grande forza evocativa in cui spesso la struttura materica prevale sul colore, quasi luoghi della mente, frutto di ricordi evanescenti.



Altre tele come Luoghi nascosti, Tracce di paesaggio, Vibrazioni riflesse, Trame notturne, tutte del 2014, hanno appunto delle trame di corde o di fili di ferro che creano un reticolo che emerge dalla materia: azione, gesto, materia si fondono creando atmosfere sospese, in cui però la materia è sempre la protagonista e questo ci ricorda che l’artista lavora con le resine e sa trarne effetti particolari, conosce anche la loro capacità espressiva. Ci troviamo quindi, quasi sorpresi, di fronte a visioni eteree, viste da prospettive diverse, come in Fortezza sospesa o Terra disabitata, entrambe del 2015, dove, nella prima, irrompe un rosso intenso che lascia il posto a un grigio opaco nella seconda.

Nel 2016 nelle sue opere inizia a sovrapporsi al colore una garza spesso con numerosi buchi, “Un lenzuolo di vento” compare in un titolo o “Ferita dalla grandine” e ancora “Con il venire del gelo” che mostrano un percorso particolare in cui la materia è sempre più presente suggerendo una vicinanza a Burri, alla sua esigenza di servirsi della materia e dominarla.

L’artista quindi fa dell’astrazione un processo di concretizzazione del reale e non solo di segno pittorico, raccontandoci non ciò che ha visto ma ciò che ha provato.
Il colore si traduce quindi in un’esperienza spirituale che arriva all’emotività di ognuno di noi.

Concludendo non possiamo non citare un pensiero del grande Kandinskij: “Tutto mi mostra il suo volto, il suo essere profondo, la sua anima segreta che tace più spesso che non parli. Fu così che ogni punto ogni linea immota o ani- mata diventavano vive per me e mi offrivano la loro anima”.

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Vittorio Sgarbi
L'opera di Terenziani tra essenza ed esistenza
Dal libro Andrea Terenziani, edizione 2017, Prearo Editore

I quadri di Andrea Terenziani sembrano giungere da un passato lontano. E sono qui presenti, davanti ai nostri occhi, a garantire una tradizione, un’origine condivisibile. Si può dire che essi si rivolgono a noi con un’ombra di malinconia, ma siamo ancora lontani dalle ragioni del lavoro di questo artista.

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Per comprendere meglio il suo percorso dobbiamo rivolgerci allo stesso corpo della pittura. Esso giace nascosto nelle contraddizioni della modernità, fra territori ancora inesplorati, tra realismo e astrazione, tra forma e informe, tra natura e cultura. Ma a quale pittura ci riferiamo? I dipinti di Terenziani appaiono intrisi di memorie, di evocazioni e sedimenti, di ricordi o tracce di viaggi: come paesaggi che si rivelano a noi oltre misteriose lande desolate o sublunari apparizioni, verso città sepolte; ma sarebbe riduttivo parlarne in questo modo. Occorre dunque riprendere il discorso su quella pittura che dagli anni cinquanta agli anni sessanta si fece espressione delle cosiddette poetiche dell’esistenza descritte da un pensatore e studioso di estetica come Maurice Merleau-Ponty. Si tratta appunto di poetiche poiché non sono solo tecniche che si mostrano in una forma, ma aprono a una visione del mondo. Visione attraversata da un orizzonte, da una linea che non ha la funzione di separare, bensì di congiungere il qui con qualcosa che sta al di là, che è oltre. Non c’è più un fondo, ma una de- marcazione che apre invece di chiudere, apre cioè all’invisibile. La linea stabili- sce il sotto e il sopra, il cielo e la terra, ciò che è vero e ciò che è falso. Quasi una linea metafisica che solca il nostro quotidiano. Non più mescolamento ma distinzione, orizzonte di attesa e orizzonte d’essere, riconoscimento e alterità. È questo l’orizzonte da cui si manifestano tutte le cose del mondo e verso cui sembra procedere la pittura di Terenziani.

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Come non pensare all’esistenzialismo di Jean-Paul Sartre? È l’esistenza nella sua contingenza il soggetto della rappresentazione pittorica. Possiamo dunque affermare che gran parte delle esperienze pittoriche che si esprimono come poetiche dell’informe hanno un debito di riconoscenza con l’esistenzialismo di Sartre. Il libro La nausea, pubblicato nel 1938, è quasi un manifesto dell’esistenzialismo. Tutto in esso è gratuito, il giardino, la città, le macchine, i sentieri, il bosco, le cose che ci circondano e la materia di cui siamo fatti. Tutto fluttua, ma al contempo tutto si affaccia all’orizzonte del mondo. 

 

Ecco dove possiamo situare la linea che appare nei quadri di Terenziani. Dobbiamo anche dire che quella linea si disfà con l’orizzonte. Nelle poetiche che vanno sotto il nome di esistenzialismo, appunto, la materia si fa sempre più importante nella dimensione del rapporto con la memoria. Si parte dall’osservazione secondo cui la vita interiore non sarebbe pensabile se l’esperienza cosciente non fosse anche il tempo del nostro presente in quanto attenzione, il nostro passato come ricordo e il nostro futuro in quanto presenza attesa come aveva ben visto Agostino nelle Confessioni. L’anima si distende e si estende nel tempo, dunque i tempi dell’anima non possono essere tre, bensì uno, e cioè il presente dell’anima a se stessa.

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È in questo senso che la pittura si fa memoria e coscienza. Il tempo vissuto della coscienza diventa reale proprio perché la coscienza è nel tempo e la memoria è capace di riportare il passato nel presente. In questa direzione si incrocia la pittura di Nicolas de Staël, pittore della forma e dell’antiforma, del colore e della materia, suicida a quarantuno anni. Altri pittori della materia pit- torica sono Fautrier, Dubuffet, Tàpies, il primo Burri. In tutti loro l’impasto cromatico appare coscienza del sé che si afferma sulla superficie della tela come memoria e spazio dell’attesa. E non possiamo dimenticare l’importanza che assume il tempo in Bergson. Nel libro Materia e memoria il tempo non è più una serie di momenti concatenati e misurabili, ma un continuo fluire di istanti vissuti nella loro durata reale entro la coscienza di ognuno di noi.

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Nella pittura di Terenziani registriamo una lotta tra lo spazio e la materia, il tempo e la durata. Avvertiamo lo sforzo costante di liberare l’impasto della materia dalla sua rigidità per farsi lenta memoria. Il pittore vuole attraversare la linea di orizzonte che sta dietro le forme elementari delle sue città. In realtà i suoi paesaggi sono tagliati da un’interferenza orizzontale o verticale che li fa emergere dal fondo della tela. Non c’è un primo piano o uno sfondo, ma linee fatte della materia del colore o di materiali eterogenei che Terenziani applica sulla tela con precisione, per indicare un’ulteriore profondità, come i pezzi di garza che si mischiano con il colore. Questi materiali vanno al di là della materia pittorica, ancora una volta un confine.

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Tutto questo è nei quadri di Terenziani, tra essenza ed esistenza.

Sotto questa pioggia di Smog 2 200x85.jpg

Alice Pezzali
Le città di Terenziani

Dal libro Andrea Terenziani, edizione 2017, Prearo Editore

Dolce e chiara è la notte senza vento, e quieta sovra i tetti e in mezzo agli orti
posa la luna, e di lontan rivela serena ogni montagna. [...]
Giacomo Leopardi versi da La sera del dì di festa
 
Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai, silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai, contemplando i deserti; indi ti posi. [...]
Giacomo Leopardi versi da Canto notturno di un pasore errante dell'Asia, I Canti, XIII

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La luna, nei versi dei poeti come nelle opere d’arte, ha avuto sempre il potere di comunicare una sensazione di leggerezza, di sospensione, di silenzioso e calmo incantesimo. Una luna nera veglia sui paesaggi di Andrea Terenziani creando le medesime emozioni ed investendoli, quasi a specchio, di un’atmosfera e di una luce lunare, leggera e magica. Artista parmigiano, Terenziani è un abile conoscitore della materia, in particolare delle resine, ma anche polveri, colori, stucco o gesso, con cui plasma e crea le sue opere.

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L’uso prevalente dei colori della terra crea un contrasto con gli skyline urbani, che possono indistintamente mostrare cattedrali o torri, fari, fabbriche o grattacieli: tali orizzonti sono dunque lontani dall’essere spiccatamente figurativi, vengono ogni volta evocati, fanno quasi da sfondo ad un sogno, in cui le forme possono essere sovrapposte o solo sfumate.

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Le città di Terenziani sono universali, fuori dal tempo e dallo spazio, potrebbero trovarsi ovunque sulla terra, creano l’immagine della metropoli senza indicarne nemmeno una: lo spettatore può così incontrare ogni volta un luogo diverso, un diverso ricordo o un’atmosfera nuova. Ci troviamo di fronte al racconto di un viaggio, come quello compiuto da Marco Polo ne Le città invisibili di Calvino, dove le 55 città con il nome di donna vengono descritte in modo fantasioso ed irreale, piene di dettagli inconsueti e visibili solo agli occhi di chi sa andare oltre la razionalità ed il reale: analogamente i mondi di Terenziani sono luoghi della mente che nascono però da elementi reali, quali viaggi, sensazioni, idee o persone che vengono scomposti dall’artista e ricostruiti nelle sue opere.

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Argan scrive: “Tutti portiamo in noi senza rendercene conto, il senso dello spazio della città in cui viviamo: le sue ampiezze, le sue distanze, i suoi percorsi, la sua aria, la sua luce, il suo colore, le cose di cui è piena. E' un'immagine indefnita, incolore, frammentaria: quante volte un aspetto della nostra città, che abbiamo veduto infnite volte, ci appare come se lo vedessimo per la prima volta? Poco importa che questo improvviso animarsi della nostra stinta nozione dipenda da un effetto di luce o da una nostra speciale disposizione d'animo: sta di fatto che la sensazione visiva va a colpire quell'oscuro tracciato, e quella che potremmo chiamare la nostra "città inconscia" diventa qualcosa di straordinariamente vivo".

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Terenziani attraverso le sue opere vuole liberare le nostre città inconsce, straordinariamente vive.

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Ottavio Borghi
Omaggio all'arte

Andrea Terenziani con la sue opere esprime la sintesi estrema di molti sentimenti umani, infatti il suo  senso dell’astrazione  passa  in modo  pragmatico ed essenziale dalla figura nascente alla disgregazione quasi totale della stessa . Così che i dipinti assumono lo spirit’dei ricordi che svaniti nel tempo, si riducono a poche linee ed a scarne figure quasi evanescenti affioranti dalla nebbia del passato. L’arte  di Terenziani mantiene  quindi la mente dell’osservatore  sempre in bilico fra un passato nostalgico ed una probabile evoluzione.  Costituisce pertanto un tutto parzialmente sfocato, che emerge dal nulla, quasi a rappresentare la dinamica di un metamorfosi misteriosa. Naturalmente il senso di incertezza e di provvisorietche ne deriva, promuove idealmente nell’osservatore  lo spirito costruttivo stimolandolo  a rendere idealmente  concrete  le figure assieme al verificarsi di vicende immaginarie. Figure e vicende che alla guisa di fantasmi, sembrano timorose di esprimere l’esistenza di una vita pulsante, vita che certamente esiste occultata  dalla nebbia nel grande silenzio delle sue citte dei suoi edifici immersi nell’ombra.

Si tratta  di una pittura estremamente  creativa, che a coloro che  sono immuni da convinzioni preéoncette riguardanti l’astrattismo, arriva direttamente al cuore, perché rappresenta il vettore di tante sensazioni e di  tanti sentimenti inespressi,  che finalmente possono risalire dal profondo del cuore, dove giacevano dimenticati. La stessa impressione di pragmatica rudezza dell’insieme passa dalla perplessitiniziale  all’interesse pivivo, complice  quel senso di poesia aspra e nello stesso
tempo incisiva che l’autore  ottiene con un mix di materiali inconsueti, usati di solito nell’edilizia e
nelle rifiniture ad essa connesse. Materiali dei quali sfrutta quasi sempre il colore originale, uscendo del tutto dalla vivacitcromatica della pittura tradizionale. Ed in piogni sostanza usata, sia essa naturale o frutto di elaborazioni chimiche e tecnologiche, puapportare alle opere la sua carica di storia fatta di misteriose mutazioni plurimillenarie,  di esperienza e di ricerca personale.



Ogni elemento concorre vivendo in stretta simbiosi con altre sostanze,  ad ispirare una musicalit strana, fatta di momenti rilassanti, ma talvolta anche di contrasti stridenti che via via si amalgamano nel grigio mare dei ricordi. Sostanze ruvide genuine ed elementi moderni pisofisticati, come le
speciali resine dall’aspetto traslucido, concorrono a  generare ìl concetto dinamico, di una
transizione che scorre come  il fluire del tempo. La stessa struttura materica delle composizioni contribuisce in larga misura ad accrescere l’efficacia simbolica del contesto, costituendo un tutt’uno con le scarne linee degli edifici lontani appena abbozzati e l’atmosfera velata che l’autore riesce a creare.

Il  complesso  delle opere di Terenziani dimostra la forte soggettivite  le potenzialitartistiche dell’autore, perché egli riesce sempre ad esprimersi in modo autonomo nell’estrinsecare la sua carica poetica ed emotiva.  Resta il fatto in ogni caso, che privilegia la materia rispetto al colore evitando con cura ogni picco  coloristico e con discrezione, quasi in sordina, provoca sensazioni piuttosto forti frutto  delle tonalitcromatiche profonde alle quali sempre si affida; tonalitche  forse si ispirano ad  una poetica di carattere  espressionista.   Pure nella soliditstrutturale   fortemente materica, l’opera di Terenziani  è vocata alla pura astrazione, perché attenua  tutti i riferimenti alla realtpura, stravolgendo i can?!pittorici o ‘Comunque  espressivi  convenzionali  riferiti alla forma
ed al colore. Nel complesso’si tratta della manifestazione non tanto di intenzioni dissacranti,  quanto
di un bisogno dello spirito di esprimersi seguendo un crudo naturalismo appena abbozzato, espresso
in toni scarni ed esasperati, mediando fra l’astrattismo ed naturalismo stesso.

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Camilla Mineo
Città dell'anima

Nelle grandi tele presenti in mostra, azione, gesto e materia si fondono e si confondono, dando vita a immagini di città e paesaggi che affiorano prepotenti dalla mente e dall’immaginazione del pittore. Le suggestioni quotidiane, i viaggi, i tragitti in auto, contribuiscono alla creazione di queste atmosfere sospese, evocative, vibranti e palpitanti  di materia. Si tratta di città che nascono dallo spirito dell’artista e prendono forma attraverso le sue mani esperte. Cresciuto nell’impresa edile del padre, restauratore e resinista per vocazione, Terenziani è un professionista dei materiali, un conoscitore sopraffino delle loro proprietà e dei loro segreti, si diverte a sperimentare e ad esplorare le possibilità espressive insite in quelle sostanze e in quegli elementi che lo accompagnano da tutta una vita. Polveri naturali e artificiali, sabbie, resine, stucco, gesso, stoffe, carta, reti, attraverso la sovrapposizione, l’unione e l’amalgama di questi materiali l’artista ottiene colori unici, personali, che non esistono in natura.

La  tecnica  e  la  manualità  sono  al  servizio  di  un  racconto  dove  astrazione  e  figurazione  si incontrano in una sintesi espressiva che dà vita a nuove città dalle forme ora confuse e sfaldate, ora più lineari e percepibili, dove colori chiari, delicati, predominano. Terenziani arriva a questa gamma cromatica “ovattata” con sfumature di infinite varietà di bianchi e punte azzurre tenui dopo un lungo percorso iniziato nel 2002 e proseguito per diversi anni, caratterizzato da tinte forti e decise come rossi densi e neri intensi spaziando con arancioni scintillanti.

Queste città eteree, sospese, leggere, immateriali, viste da diverse prospettive (frontali, dall’alto, doppie immagini sovrapposte) sono l’esito di una ricerca meditata, sintesi estrema di un percorso interiore, costellato di figure e forme immaginate, di ricordi, di sogni resi concreti e vivi grazie alla materia grumosa, alle spatolate, a intagli e incisioni.

Città il più delle volte senza cielo, città utopiche, atemporali, città abitate da sagome geometriche, da discontinui e irregolari edifici, da grattacieli di ghiaccio, da “Presenze silenziose”, da “Ricordi”, da “Armonie del Passato”, da un “Miraggio”. Paesaggi dove idealmente il vento, la pioggia, il sole, agiscono incessantemente e si accaniscono su di esse, sui loro palazzi e i loro muri, scrostandoli e

facendo affiorare vecchie screpolature, strati sovrapposti, crateri, bruciature, ruggine: tracce del passato e delle trasformazioni del tempo.

Visioni allusive e suggestive che riportano a una dimensione altra, inconscia. Osservando attentamente  le  grandi  tele  e  guardando  a  fondo,  oltre  la  superficie  materica  impastata  e plasmata, lasciandoci trasportare dalle emozioni e dalle sensazioni, veniamo spinti fino all’anima più profonda e intima di queste poetiche città.

Una particolarità che l’occhio attento del visitatore non potrà non notare è la presenza costante di un’impronta, quasi un timbro dell’artista, la sua firma: una piccola luna quadrata nera che veglia su questi scenari urbani interiori.

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Fabio Tedeschi
Architettura della memoria

Dalla rivista Forum artist

I pittori delle nuove generazioni, hanno dovuto fare i conti con “l’Art autre” informale, sperimentando o la “pittura di tessuto” con segni e dripping pollockiani o la texturologies di Dubuffet, oppure la “pittura di materia” con la pasta di Fautrier e Morlotti, con i collages, sbruciacchiamenti, concrezioni e stratificazioni (segno - gesto) di Burri e di Tàpies e con la spazialità dei “quadri tagliati e bucati” di Lucio Fontana.Anche Andrea Terenziani, artista di Parma, influenzato da tutte queste ricerche materiche degli anni ’40/’50 dei grandi Maestri dell’Informale e dell’Action-painting americana, valorizza al massimo l’azione ed il gesto per tracciare all’orizzonte le sue lunghe città rosse di fuoco. Sembra di vedere lo Sky-line di New York con tutti i suoi grattacieli quando dal New Yersey prendi il bus e attraversi il tunnel sott’acqua vicino alla statua della Libertà: veramente uno spettacolo sorprendente.L’attività creativa di Andrea si rivolge alla realtà, a cio che vive di vita precaria, minacciata da eventi naturali o dai disordini esistenziali dell’uomo contemporaneo, con l’intenzione di scoprirne i misteri, tramite la materia usata che diventa protagonista del processo creativo. Nel suo linguaggio plastico, assume una notevole importanza il fondo luminoso su cui si stagliano all’orizzonte le sue torri e grattacieli di grandi città, rese in forme geometriche dal passaggio veloce della spatola, che stende le resine colorate, mettendo in luce il valore cromatico e timbrico dei grandi segni rossi e corposi. Colori, luci ed ombre, poeticamente distribuiti, in prospettiva tridimensionale, valorizzano al massimo l’azione e il gesto, come gli artisti dell’Action-painting.Il fondo di Terenziani si trasforma così ”in campo” e diventa un segno-oggetto che dà un nuovo valore esistenziale e fenomenologico allo spazio.

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Stefania Provinciali
Un giorno, per caso

L’affermazione non è nuova nei percorsi delle arti figurative se si pensa agli artisti che, sotto la sollecitazione di un’immagine, di un verbo, di un pensiero improvviso hanno trovato la propria strada espressiva od anche a chi, pur senza una scuola specifica, ha rivolto le proprie propensione verso una passione inaspettata, dando vita a percorsi creativi maturati nel tempo. È questo il caso di Andrea Terenziani che, a dir il vero, ha sperimentato una propensione alla manualità nel settore del restauro per scoprirsi, poi, la voglia di dipingere, di ideare immagini fino a dar spazio alla propria individualità. Passando dalla forma alla “non forma” al rielaborare le esperienze passate, líartista propone, oggi, nuove immagini e nuovi materiali dove líimpatto visivo si sofferma su scelte cromatiche che sono andate “sfumando” in “altri” colori, non più intensi ed accessi bensì votati a riflessioni interiori. Sono opere queste realizzate per scansioni, in cui la voce dominante rimane il forgiare della materia che emerge dalla base per creare effetti di prospettiva od allusioni tridimensionali. Sono tecniche miste, rielaborazione di esperienze concrete, di immagini rivisitate dalla mente che riportano all’attenzione alcune forme di natura, come l’albero. Sono resine intensificate dal colore, a volte in un contrapporsi di toni e sovrapposizioni materiche, a volte in un aperto contrasto cromatico e díintenti, quasi a delineare una linea d’orizzonte oltre la quale si perde il pensiero a venire.Anche la materia, infatti, può suggerire una propria poesia che travalica ogni attenzione formale, e che induce a scorrere pagine di storia contemporanea, quando le innovazioni creative dei grandi del Novecento avevano portato gli stessi  ad “usare” materiali inconsueti per affrontare le ragioni dell’arte. Terenziani nel primo decennio del nuovo secolo si accosta a certe allusioni, come le bruciature ed il ferro corroso, con ben altre intenzioni, quelle di cercare effetti dentro la materia che non necessariamente deve essere pittorica ma che con la pittura può e deve aprire un dialogo.È il “gioco” che cambia secondo i tempi ed i luoghi della rappresentazione. Terenziani si muove cosÏ dentro il quadro, fra progetti e proposte, senza rinunciare alla riconoscibilità, ideale e visiva, un “capriccio” forse, che trova riscontro in una piccolissima, geometrica traccia presente in ogni opera:  per non dimenticare, in questo caso il nome dell’autore. 

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Azeglio Bertoni
Armonie di colore

Le armonie, spesso latenti dentro di noi, tendono presto o tardi a manifestarsi; è il caso di Andrea Terenziani.  Le sue creazioni sono una prosecuzione, una logica evoluzione concretizzatasi in una ricerca formale e matematica.È così che le terre si uniscono ai colori e diventano una sorta di visione primordiale degli elementi:  l’acqua, il fuoco, la terra e l’aria.Ma la natura non è sempre l’unica protagonista: l’uomo, seppure mai concretamente visibile nei dipinti, è presente con il suo lavoro: i campi arati e poi, le città, con le luci, i colori e le forme che si sfaldano come in una visione annebbiata o in una fotografia sfuocata.Gli agglomerati urbani visti dall’alto, dal pittore, stravolti ed enfatizzati in fantasie liriche coloristiche. Le sue visioni sono planimetriche; le costruzioni scompaiono e ricompaiono in una nuova veste  come fossero antichi insediamenti che hanno accompagnato l’uomo del passato e fanno riflettere l’uomo del presente. Con tecnica sapiente riesce a rendere vedute di città che sembrano sommerse, come l’opera  che ha vinto la IV° rassegna del Premio Arte e Mestieri di Suzzara, in cui materiali di varia natura  si accostano tra loro in un sapiente gioco di colori e luci che si riflettono sulle diverse superfici.Oltre alla storia, anche l’attualità entra prepotentemente nelle ultime opere di Andrea, scosso dalla calamità dello tsunami.  Lui, come pittore, ha voluto fermare le emozioni con alcune composizioni dal titolo “Disarmonie della natura”;  lo stravolgersi degli elementi naturali coinvolgono sempre l’uomo, tanto più se questi ha sensibilità di artista! Ecco allora che le composizioni diventano un’evocazione dell’allagamento che questo terribile maremoto ha provocato; riconoscibile dalla drammaticità dei toni di colore i quali formano una barriera tra ombra e luce:  luce che riaccende una speranza proiettata nel futuro. 

ANDREA TERENZIANI



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